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Concepimento ed annidamento

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Concepimento ed annidamento

02/03/2017

Parola agli esperti

“Il ciclo della nostra vita umana forma un’unità, dal concepimento alla morte. Le differenti forme che assumiamo e le modifiche di tali forme che si verificano nel corso della nostra vita prenatale – zigote, blastocisti, embrione, feto – ricorreranno successivamente – dal periodo neonatale fino alla morte – nelle modalità in cui ci formiamo sotto il profilo psicologico – nei sogni, miti, sentimenti che vivremo dopo la nostra nascita” R.D. Laing

La prima impronta impressa al nucleo emotivo dell’essere umano è originata dall’incontro tra l’ovulo e lo sperma. Queste due cellule non trasmettono solo il patrimonio genetico, ma anche un certa impronta affettivo-emotiva attraverso vibrazioni elettriche date dai liquidi presenti nell'ovulo e nello spermatozoo e influenzate dallo stato emotivo dei partner. 

Come dice Gandhi: “L’educazione del bambino inizia con il concepimento, infatti lo stato fisico e mentale dei genitori si riproduce sul bambino”.

Successivamente alla fecondazione, che avviene nella tuba di Falloppio, l’ovulo fecondato (zigote) inizia il suo lungo viaggio verso l’utero, scivolando giù lungo i circa 12 cm della tuba stessa, spinto dalle sue contrazioni e dai movimenti delle cellule ciliate che lo accompagnano a destinazione. Questa fase, della durata di circa 7-9 giorni, è caratterizzata dalla trasformazione dello zigote in morula. Lo zigote si suddivide in molteplici cellule: inizialmente 2, poi 4, 8, 16, 32 e infine 64. In questo stadio le cellule sono totipotenti, ovvero hanno la potenzialità di diventare qualsiasi cosa (cervello, fegato, muscoli, ossa, pelle, etc).
 
Il viaggio lungo la tuba verso l’utero è periglioso, tanto che vi è circa il 50% di probabilità che la morula non arrivi viva a destinazione. Un fattore di rischio notevole è dato dal “paesaggio” stesso della tuba con i suoi numerosi avvallamenti, in cui si rischia di restare intrappolati, e precipizi ed ostacoli (cicatrici di precedenti infezioni) che impediscono di avanzare.

Verena Schmid descrive mirabilmente, secondo, me, dal punto di vista del nuovo essere, questo viaggio:
“Mi sento trascinare verso il basso in un vortice a forma di spirale. Sono entrato nella dualità dell’esistenza terrena. Il mio destino si è tinto  della sua particolare e personalissima natura attraverso la qualità dell’incontro dei miei genitori in questo preciso momento. Ho lasciato la luna, la luce, ho preso la direzione verso il basso: sono eccitato? Contento? Dispiaciuto? Arrabbiato? Triste? Fiducioso? Pauroso? Sto già perdendo della luce dalla quale provengo e la mia coscienza si offusca un po’. Nella mia prima forma si stanno creando due poli e la tensione tra loro crea movimento: mi divido, mi divido ancora in un ritmo attivo, rapido…(…) Intanto la mia parte esterno si ispessisce  e mi sento come chiuso in uno scrigno, un cesto, una scatola. Un ruscello comincia a scorrere; rami sottili mi afferrano e mi sospingono attraverso le tube strette verso il lago uterino dove, all’improvviso, si apre un grande spazio. Cado nelle acque uterine. Sono mosse? Tranquille? Agitate? Ci voglio restare? Cerco la riva? Vengo trascinato dalle acque? Vengo adagiato sulla riva? Vengo sbattuto contro degli scogli? Alla fine approdo sulla terra. e vedo già il bosco. Sono qui a raccontarlo, quindi la terra l’ho trovata: nel bosco sono entrato. Ma non tutti la trovano, non tutti entrano. È un viaggio rischioso, ci sono i mostri (macrofagi) che possono divorare, ci si può perdere facilmente nel mare uterino e scomparire.”  (in “Venire al mondo, dare alla luce” ed. Urrà)

Intuitivamente, ho pensato spesso che l’attrazione dei bambini per scivoli, altalene, giochi di vertigine e le giostre abbia una radice così profonda da poter risalire alla memoria corporea del passaggio lungo la tuba fino alla discesa in utero (mitologicamente forse anche la discesa agli Inferi….?). Chissà...

Giunta viva nell’utero, la morula, che ora ha preso il nome di blastocisti, inizia il processo di annidamento nell’endometrio, mentre continua ad accrescersi. La blastocisti sviluppa delle radici, simili a quelle di un albero, penetrando poi in profondità nell’endometrio fino a sprofondarvi dentro del tutto. Anche la fase dell’annidamento è molto delicata. Dal punto di vista fisico, se l’annidamento avviene per esempio nella tuba, si ha una gravidanza extrauterina che non sarà possibile portare a termine.Dal punto di vista psicologico ed emotivo, è molto evidente il significato simbolico di questa delicata fase.

Annidarsi, mettere radici, essere accolti dall’utero materno ha un chiaro significato anche sul piano psichico. Si tratta di mettere radici esistenziali e trovare nutrimento.

Commovente, secondo me,  questo altro passaggio della Schmid sull’annidamento:
“Mentre il mio minuscolo essere scava e scava nelle immense pliche della mucosa uterina, saggiando il terreno nel quale mettere radici esistenziali e trovare nutrimento, il mio essere intero si fonde con quello di mia madre. Sono completamente dentro di lei. Mi sentirà? Potrà percepire già la mia essenza? (…) Intanto assaggio e annuso il terreno. L’olfatto mi accompagna fin dai miei primordi. (…) L’ospitalità di mia madre, delle generazioni di donne prima di lei e la mia volontà di esserci si misurano ed entrano in una dinamica comune. Nel bosco uterino incontro amici e nemici; alcuni mi aiutano, altri mi minacciano. Mettono alla prova il mio coraggio, la mia capacità di lottare, di decidere, la mia scelta di esserci. (…) Mando forti segnali a mia madre per informarla della mia esistenza, attraverso quel linguaggio che ci permetterà di comunicare per tutto il periodo interno, mediante gli ormoni e i minuscoli informatori biochimici che circolano in me fin dai primi momenti, ma anche con tutto il mio essere. (…) A volte mi sento solo e ho paura: paura del vuoto, paura del nulla, paura di cadere senza essere raccolto, paura di annegare, paura dei mostri che mi vogliono divorare, paura di morire. Mamma, aiutami!”  
 

Molto belle, a mio avviso, anche queste riflessioni di Laing che afferma (ne "I fatti della vita" ed. Einaudi):
“La differenza tra l’essere accolti bene e il non esserlo, tra un ambiente accogliente e un ambiente non accogliente, fa tutta la differenza al mondo. La differenza tra l’essere ben accetti o no!”  e “L’accoglienza che si riceve dal mondo postnatale genera in noi una compartecipe risonanza della nostra prima adozione da parte del nostro mondo prenatale”.
 

Annidarsi è quindi come essere, in qualche modo, adottati.
Una volta annidata, la blastocisti continua la sua trasformazione fino a diventare embrione. Questa fase è contrassegnata dalla “filogenesi nell’ontogenesi” ovvero prima di arrivare alla forma umana, l’embrione “ricapitola” nello suo sviluppo tutte le tappe di evoluzione della vita sulla Terra, a partire quindi dall’organismo unicellulare (ovulo appena fecondato), al pluricellulare per arrivare al pesce, all’anfibio, al rettile ed infine al mammifero. Dopo l’ 8° settimana di gestazione, il nascituro prende forma umana, acquisendo così la condizione di “feto”.

Nella prossima puntata, continueremo il nostro viaggio e conosceremo le competenze del bambino prenatale, scoprendo così quanto precocemente il nascituro sia in grado di apprendere e di relazionarsi con se stesso e il mondo circostante, sia uterino che extra-uterino.
A presto!


Silvia Iaccarino
Formatrice professionale e psicomotricista
Blog: www.silviaiaccarino.it
Pagina facebook: www.facebook.com/percorsiformativi06

 


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